Qual è la funzione del dolore? Come mai la sofferenza insorge nella vita di uno sportivo? Che effetti ha sulla sua condotta? Un atleta ha una percezione corretta del dolore o, solitamente, a livello consapevole o inconsapevole che sia, “cancella o riduce la percezione” di fastidi e dolori al fine di poter continuare ad applicarsi nella sua disciplina?
Questi e altri temi sono stati oggetto di una bellissima trattazione avvenuta durante il Master di Psicosport, a cui ho avuto l’onore di partecipare con Giada Tonelli, Psicologa dello Sport e grande animatrice della giornata, supportata da Lilli Ferri, allenatrice di Basket e Partner Psicosport.
Quindi: cos’è il dolore nel mondo dello sport? Normalità o eccezione?
Purtroppo e necessariamente è una normalità dato che le prestazioni sportive così spesso portano gli atleti a esercitare e sollecitare muscoli e articolazioni in modo spinto.
Già, e qual’è il metodo di comunicazione che il corpo utilizza nel mandare messaggi all’atleta?
Il dolore appunto, dolore che in una dinamica di normalità in un certo senso “dice, indica, parla all’atleta, lo mette in guardia, dicendogli con il suo specifico e spesso soggettivo linguaggio: Stai attento, non esagerare; dammi respiro; rallenta l’allenamento, il carico o l’esercizio; permettiti (e permetti a me che sono il tuo corpo) di recuperare; evita di strafare; procedi con maggiore progressione; impara ad ascoltare i messaggi che ti invio, ecc.
E di fronte alla “sordità” dell’atleta, di solito il corpo cosa fa? Aumenta l’intensità rendendo la sofferenza più forte ed esplicita, quando ciò non sfocia poi in una lesione o in un infortunio (argomenti che tratterò in un altro scritto).
Come ben noto agli addetti ai lavori, la tolleranza al dolore è molto influenzata anche dai fattori psicologici, e non a caso la soglia avvertita dallo sportivo cambia radicalmente durante un allenamento considerato come importante, in prossimità o durante una gara, una selezione, una finale.
Quindi lo psicologo dello sport può aiutare un atleta o un medico dello sport davanti a un dolore persistente o che si ripresenta?
Assolutamente sì, ad esempio nel:
- Consentire una lettura più corretta del tipo di dolore percepito che può anche “proteggere” e mettere al riparo l’atleta da rischi di lesione o d’infortunio;
- Ripristinando una corretta soglia del dolore esistente e del tipo specifico di messaggio che esso vuole veicolare all’atleta:
- Aiutando l’atleta a modificare quegli atteggiamenti e comportamenti che sono fonte di “dolori evitabili” e che potrebbero essere causa di spiacevoli conseguenze;
- Insegnando tecniche di recupero psico-fisico che possono aiutare a rendere più rapido e sicuro un recupero, e molto ancora.
Del resto ogni sport ha una sua dinamica “psico-fisiologica”. Chi non ha mai sentito un podista, un maratoneta o uno sciatore parlare di “gambe di piombo o dure come il legno” o di ”strade che improvvisamente sembrano diventare in salita”?
O di giocatori di basket o di pallavolo che parlano di come a un certo punto la palla diventa dura, scivolosa o pesante?
O di nuotatori che si sentono pressare sulla schiena?
O di chi improvvisamente si sente con il fiato più corto o con le mani che tremano o altro?
Aspetti che possono rendere assai prezioso l’aiuto dello Psicologo dello sport, anche per evitare quel tipo di dolore che già Sofocle citava tantissimi anni fa, quando affermava che: “Il dolore più acuto è quello di riconoscere noi stessi come l’unica causa di tutti i nostri mali.
Quindi in conclusione, grazie a Giada, Lilli, Psicosport e a tutti gli i partecipanti al Master.
Articolo di Armando Pintus — Psicologo Energetico — Psicoterapeuta — Coaching Psicologico Personale e Sportivo — Milano — Esperto in Psicologia Energetica e del Benessere, Psicosomatica, Sviluppo di Capacità e Risultati Personali, Emozionali, Sportivi e di Relazione
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